Contro la guerra, le basi militari e la rapina sociale

Che l’opposizione alla guerra non sia solo un’urgenza umanitaria ma anche un’urgenza sociale e di classe è una verità che si appalesa senza bisogno di grandi studi. Basta confrontare l’andamento della spesa militare con l’andamento della spesa per un sistema sanitario sempre più disastrato e inaccessibile alla massa dei lavoratori più poveri. La spesa militare in Italia è passata dall’1,07% del PIL del 2015 a circa l’1,5% in questi anni post-pandemia, mentre secondo le previsioni governative dovrebbe raggiungere il 2% entro al 2028. Visto la guerra in Ucraina, il continuo allargamento delle missioni militari all’estero e gli appetiti crescenti dell’industria militare rappresentata direttamente dal Ministro Crosetto, non è impensabile che si andrà anche oltre quel 2% già previsto dal Governo Draghi. Viceversa, la spesa sanitaria, che durante l’emergenza Covid si era promesso solennemente di non comprimere più, è passata dal 7,4% del PIL del 2020, al 6,9% del 2022, mentre le previsioni governative sono di un 6,7% per il 2023, fino a un 6,2% per il 2025. Il Dpcm del 7 agosto ha previsto che lo Stato risparmi 14,3 miliardi di euro nel quadriennio 2023-2026.

Insomma, non c’è bisogno di tanti giri di parole: si spende sempre più per fare la guerra e si taglia sulla salute delle povera gente. Il ministro della Salute Schillaci ha chiesto che vengano aggiunti 4 miliardi alla sanità e analoghe richieste sono venute dall’opposizione parlamentare. In realtà sembra che al massimo verranno concessi solo 2 miliardi, ma anche se fossero concessi 4 miliardi, questi risulterebbero gravemente insufficienti. Basterebbero, forse, solo a rinnovare i contratti nazionali di settore, scaduti quasi due anni fa, mentre rimarrebbero inalterate le diverse emergenze che avrebbero bisogno di ben altre cifre: dalle gravi carenze di personale infermieristico e medico, alle liste di attesa che gridano vendetta anche in regioni relativamente “ricche” come la Toscana (un anno per alcune visite specialistiche), fino al caos dei pronti soccorsi che sono sempre più l’unica struttura sanitaria accessibile sul territorio.

Sappiamo bene che ciò che si è detto sulla sanità, lo si potrebbe dire sulla scuola, sulle pensioni, sul sostegno alla povertà (vedi il furto del misero reddito di cittadinanza!) e su tutti i principali bisogni delle classi subalterne. Mobilitarsi contro la guerra (in Ucraina e altrove), contro le basi militari e contro le spese militari significa, dunque, mobilitarsi anche per la difesa delle condizioni materiali dei lavoratori e delle persone a basso reddito. Con le mobilitazioni del 20 e del 21 ottobre misureremo la nostra capacità di rispondere all’avversario di classe e alla logica del dominio. Il 20 ottobre alcune organizzazioni del sindacalismo alternativo (tra cui il sindacato anarcosindacalista USI-CIT) hanno promosso un importante sciopero generale contro la guerra e l’economia di guerra che ci chiama a dare sostanza al carattere di classe che ha la lotta antimilitarista. Il 21 ottobre, invece, ci saranno tre grandi manifestazioni antimilitariste: Palermo, San Piero a Grado (Pisa) e Ghedi. L’appuntamento di Pisa ha un significato che va al di là del grave momento che viviamo per la sanguinosa guerra in Ucraina: da un anno e mezzo incombe il progetto di costruzione di una nuova base militare in un territorio già saturo di presenza militare (pensiamo solo alla base USA di Camp Darby). Un progetto che in queste settimane ha avuto una notevole accelerazione istituzionale e che rischia di dirottare centinaia di milioni verso la casta militare e gli interessi capitalistici che ci girano intorno. La giornata pisana del 21 ottobre arriva a coronamento di una mobilitazione che da un anno e mezzo è stata portata avanti dal Movimento No Base e che ci ha visti impegnati come anarchici e libertari, accanto alle molte altre componenti sociali e politiche. Appuntamento quindi a Pisa centro sabato 21 ottobre in tarda mattinata, e poi alle 14 a San Piero a Grado per il corteo davanti alle basi militari.

Claudio Strambi

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